Viviamo immersi nei dati.
Ogni giorno navighiamo numeri, grafici, algoritmi che sembrano raccontare la realtà così com’è. Eppure, dietro ogni cifra si nasconde una prospettiva: una selezione, un taglio, uno sguardo.
Il Data Feminism, come lo delineano Catherine D’Ignazio e Lauren Klein, ci invita a riconoscere questa parzialità e a restituirle valore. Non per negare la misura, ma per usarla come strumento di equità.
In questo orizzonte nasce Gentle Data: una pratica di sguardo, un modo per orientarsi nei numeri con empatia e consapevolezza. Perché ogni dato, prima di essere informazione, è una storia di chi guarda e di chi è guardato.

John Berger, in Ways of Seeing, scrive:
«Guardiamo solo ciò che scegliamo di guardare. Guardare è un atto di scelta.»
Un gesto semplice e radicale, che svela la natura attiva dell’osservazione: vedere non è mai un atto neutro, è sempre un atto di responsabilità.
Riconoscere che i dati non sono neutri significa accettare la loro parzialità e restituire voce a ciò che non è rappresentato. Non si tratta di abbandonare la misura, ma di rileggere la misura come gesto di equità.
Ogni messaggio segue una catena:
dato → informazione → insight → narrazione → immaginario.
In ogni passaggio, qualcuno ha voce e qualcuno resta in silenzio. Guardare ai dati con attenzione significa chiedersi chi parla attraverso i numeri e chi non viene ascoltato.

Tradurre questa consapevolezza in pratica significa partire da una checklist semplice e radicale:
- Chi manca?
- Chi decide?
- Che impatto?
- Che tono?
- Come misuri l’equità?
Cinque domande per leggere i numeri con empatia e trasformarli in strumento di comprensione. Non una metodologia astratta, ma un gesto quotidiano: osservare, interpretare, correggere.
Una forma di cura cognitiva verso il dato, che diventa così mezzo di relazione e non di dominio.
Comunicare, in questa prospettiva, è un esercizio di attenzione: ascoltare ciò che si mostra, riconoscere ciò che resta fuori campo, lasciare che lo sguardo diventi spazio di incontro.
Pink per orientarsi. Punk per trasformare.
L’una è direzione, l’altro è gesto.


