Osservare cosa accade quando il tempo chiede tenuta: stare nel punto esatto del passaggio, nell’attimo prima che le forme cambino.

Quando il ritmo cambia, le posture emergono

Ci sono periodi dell’anno in cui il ritmo cambia.
E alcune cose diventano più evidenti.

Le Feste sono uno di questi momenti. I ruoli si rendono visibili. Le aspettative prendono forma. Gesti che durante l’anno attraversiamo senza attenzione diventano ripetuti, riconoscibili, quasi necessari.

Le posizioni diventano più esplicite, si attivano forme di tenuta, le distanze si accorciano o si irrigidiscono.

Il tempo si fa amplificato.

La Maschera come dispositivo di passaggio

È qui che entra in gioco la Maschera. Non come inganno. Non come finzione.
Ma come dispositivo di passaggio.

La Maschera segna una soglia.
Permette di entrare in uno spazio che non è neutro, né quotidiano. Uno spazio carico di memoria, relazioni, eredità. Un tempo che chiede forma.

Indossarla non significa nascondersi. Significa reggere l’intensità.

A volte ciò che resta non è ciò che mostriamo, ma il modo in cui abbiamo abitato il valico.

Impronte di passi sulla neve, illuminate da una luce rosata. Le tracce procedono in diagonale, segnando un percorso temporaneo su una superficie uniforme.

Contenere l’intensità: ruoli, tenuta, trasformazione

Durante le Feste abitiamo proprio questo: un campo denso, in cui interpretiamo versioni del reale sufficientemente stabili per stare insieme.

Ruoli che tengono. Posture che reggono il carico.

La Maschera serve a questo. A contenere. A permettere il contatto senza il collasso.

Ma ogni maschera è anche una prova. Perché amplifica ciò che tocca. Se non è aderente, il palco cede. Se è scelta con cura, protegge e lascia fluire.

Ogni trasformazione passa da qui: da un tempo in cui qualcosa deve essere tenuto, prima di poter essere cambiato.

La Maschera è un contenitore temporaneo.

Osservare cosa accade: oltre la maschera

Sceglierla con cura non significa fissarsi in un ruolo. Significa riconoscere che le forme sono molte. Che nessuna coincide interamente con ciò che siamo. Che possono essere abitate, e poi lasciate.

Il gesto non è togliere.
Il gesto è osservare cosa accade.

Perché ciò che resta, dopo il passaggio, non è la maschera.
È uno sguardo che riesce a restare.

Buone Feste.